Belgioioso: la fiera non c’è, ma i piccoli editori esistono

di Cristiano Abbadessa

Nel prossimo fine settimana, secondo il calendario tradizionale in vigore da anni, la piccola editoria sarebbe stata in mostra nella storica fiera del settore presso il Castello di Belgioioso. Il periodo è questo, ma quest’anno la fiera non ci sarà.
Storico appuntamento per i piccoli editori di tutta Italia, la rassegna di Belgioso aveva consolidato per lungo tempo un suo specifico: luogo di incontro tra editori, autori e lettori, con contorno di operatori del settore a vario titolo e di media; luogo di confronto e circolazione di idee più che mostra-mercato, a differenza delle tante microesposizioni (alcune anche ambiziose) che sono proliferate negli ultimi anni e che rappresentano più che altro occasioni di vendita.
L’esperienza dello scorso anno a Belgioioso, per la nostra prima volta da espositori, non era stata a dire il vero esaltante, e già l’appuntamento mostrava tutti i segni di un declino annunciato. Meno pubblico, limitato a pochi appassionati e a qualche visitatore casuale e non necessariamente competente. Tante disfunzioni organizzative, alcune davvero fastidiose, figlie di un’approssimazione sconcertante. Qualche espositore in meno, soprattutto con l’evidenza di alcune assenze di rilievo, di editori che avevano fatto la storia dell’evento. Scarsa visibilità mediatica e scarsissima copertura giornalistica, con la stampa praticamente latitante.
In effetti, proprio per chi aveva prestato attenzione a quest’ultimo aspetto, il declino di Belgioioso era fenomeno ampiamente annunciato. Se in anni non lontani tutti i maggiori quotidiani si occupavano della rassegna, anticipandola con un paginone ricco di dati di voci e di idee riferiti al settore della piccola editoria, lo scorso anno la fiera aveva trovato spazio sulla stampa solo in miseri e infastiditi trafiletti che si limitavano a segnalarne l’esistenza. Dall’attenzione curiosa i media erano passati alla notizia sintetica, e c’era quasi da ringraziare per lo svolgimento della mera funzione informativa. E non poteva sfuggire che non si trattava di scelta casuale, ma del segno di un definitivo collateralismo tra grande stampa e grande editoria libraria, sempre più intrecciate in rapporti propietari o promozionali.
Infatti, già alla fine dell’edizione dell’anno passato i piccoli editori attendevano l’inevitabile scomparsa di Belgioioso dal calendario fieristico (e c’era persino stato un sussulto di iniziative per “salvare Belgioioso”, però più ricorrendo alle mozioni degli affetti che alle solide ragioni di una realtà culturale e imprenditoriale). La scomparsa si è poi materializzata nel silenzio. Dicono gli organizzatori, interpellati, per mancanza di sostegno da parte delle istituzioni locali; il che ovviamente non stupisce, semmai ribadendo il collateralismo anche tra la politica (nelle sue declinazioni partitiche maggioritarie) e la grande editoria (ma potremmo anche dire la grande industria o le grandi catene commerciali, e in generale tutto ciò che è potere economico e finanziario forte, in Italia e fuori).
Eppure, proprio per la chiarezza di tanti segnali e per l’evidenza del loro significato, la piccola editoria avrebbe dovuto fare di tutto per tenere in piedi l’evento. Perché, storicamente, Belgioioso era il luogo adatto per confrontarsi e parlare, per dare voce a chi non ha accesso ai media, alla distribuzione, ai punti vendita, alla notorietà di chi forma le opinioni.
Sarebbe stata un’occasione ideale, e più che mai necessaria, per parlarsi tra simili. Non per dare sfogo alle solite sterili lamentazioni o per stabilire artificiosi e sgradevoli confini tra buoni e cattivi, puri e asserviti (categorie che talora ricorrono e spostano il problema su un piano etico che diventa fuorviante). Ma per prendere atto che, semplicemente per una questione di legittimi interessi divergenti, l’editoria si è ormai separata in almeno due (o forse più) binari paralleli, che per ora sono destinati a non incontrarsi mai più, ma che già cominciano a correre persino in direzioni diverse. E, di conseguenza, per riconoscere che i piccoli editori devono trovare risposte nuove all’oscuramento mediatico, all’ostracismo distributivo e alla scarsa attenzione dei librai (persino di quelli indipendenti, nella maggior parte dei casi). E, quindi, per provare a fare sistema, a uscire dalla ridotta del proprio particolare per provare a battere insieme strade alternative, anziché porsi arrancando nella scia dei grandi, scimmiottandone le logiche e le prassi al solo scopo di raccogliere qualche briciola.
Belgioioso sarebbe stata l’occasione per vedersi, incontrarsi, parlarsi e trovare, insieme, delle risposte concrete, realistiche, non fumose; e per tentare, di lì a subito, di metterle in atto.
Noi di Autodafé eravamo pronti a partecipare alla fiera con questo spirito. Ma, mancando il luogo deputato all’incontro, ce ne è mancata la possibilità.
Vorrà dire che faremo da soli, e troveremo le nostre risposte.
E, per fare un po’ meno da soli, speriamo che le risposte siano condivise almeno da voi che ci seguite.

4 commenti

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4 risposte a “Belgioioso: la fiera non c’è, ma i piccoli editori esistono

  1. Ho da poco intervistato Guido Spaini, proprio sul venire meno della fiera di Belgioioso. So che non è molto corretto, ma lascio il link:
    http://nottedinebbiainpianura.blogspot.com/2011/09/intervista-guido-spaini.html

  2. Giordano

    Mentre i piccoli editori perdono le loro nicchie ecologiche e scendono la china della probabile estinzione, a meno che non intervenga qualche mutazione a salvarli, strane forme di editoria muovono i primi passi nei megastore virtuali di Amazon. È una nuova forma di selezione naturale? Leggete questo inquietante articolo comparso su Nazione Indiana e fatevi due risate  (amare) http://www.nazioneindiana.com/2011/09/22/l’editore-automatico/#more-40130

  3. Pigi S.

    I piccoli editori non si estingueranno mai e poi mai e saranno anzi destinati a crescere e ingrandirsi. Solo a patto, però, che si rendano aggressivi e coraggiosi come filibustieri e, anzichè scimmiottare le scelte paludate e ridondanti di quelle vecchie cariatidi in pensione – svaccate sul sofà a vivacchiare di rendita – che sono le major, facciano scelte altre e innovative, sperimentando nuove vie e dando spazio a proposte magari azzardate e malcerte. Ma del resto è questo lo spirito imprenditoriale, che porta a battere strade ancora vergini, ma proprio per questo capaci di rivelarsi talvolta come delle vere e proprie vene aurifere. Se invece si intestardissero ad atteggiarsi a quelli che in Sicilia chiamano ‘i cani ‘i bancata’, ossia a contentarsi di afferrare al volo le briciole e i resti di cibarie che cascan giù dal banchetto dei maggiorenti, sembrano purtroppo dirigersi a un triste languore e a una conseguente morte per inedia. Devono, in pratica, fornire un’alternativa che richiami i gusti meno standardizzati, mica proporre – come sovente accade – quello che già c’è.

  4. Molto triste che Belgioiso abbia rinunciato ad essere presente in un momento in cui è invece necessario non mollare la presa. Sono i momenti più difficili che richiedono più tenacia.
    Ho letto la vicenda, a dir poco surreale (se non fosse reale) dei libri confezionati con le voci di Wikipedia e poi finiti per diventare fonti di Wikipedia stessa…. pirandelliana oltre che borgesiana. Il che pone una questione niente affatto peregrina: che figura e che ruolo ha oggi un editore? E l’autore? E il lettore? Chi sono costoro? Una vicenda come questa li priva di ogni senso e significato.

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