2 risposte a “La narrazione del presente tra cronaca, politica e punti di vista

  1. Federico Bagni

    Il nuovo tema del mese è senza dubbio stimolante, per quanto complesso e di non facile approccio… Credo che ci siano molteplici possibilità di interpretazione e di sviluppo, sarà interessante leggere questi racconti (e, magari, provarne a scrivere uno). Nel frattempo sto ultimando la lettura dell’ebook “Un paese per giovani e vecchi”, ma attendo di arrivare in fondo prima di commentare… in ogni caso la qualità delle storie mi sembra davvero buona…

  2. Provo a commentare la seconda parte del post, sui piccoli negozi e sul cambiamento percettivo che li riguarda.
    Condivido l’osservazione e credo che il cambiamento sia in atto da diversi anni. E, senza bisogno di tirare in ballo librerie o case editirici, penso che l’invettiva contro i grandi centri commerciali contenga anche una componente culturale, un po’ come l’invettiva contro la TV commerciale degli anni ’80 e ’90. Anche per aver visto all’opera amministrazioni di piccoli comuni, la cui frequente proposta per i giovani e per rivitalizzare il territorio consiste proprio nell’apertura di fast food e centri commerciali.
    C’è poi il disagio di incontrare in tutti i settori che coinvolgono la nostra vita quotidiana (banche, assicurazioni, carburanti, energia, giornali, grande distribuzione) un processo di concentrazione tale da alimentare la paura che i nostri destini siano in mano a pochi centri di potere, sempre meno politici e sempre più finanziari.
    Con l’aggravante, nel caso della grande distribuzione, di essere dominata da operatori stranieri, prevalentemente francesi.
    Per contro, verso i piccoli negozianti scattano due riflessi condizionati.
    Il primo è di solidarietà verso gli sconfitti e soprattutto di ansia per i devastanti effetti che la crisi economica sta producendo sulla piccola imprenditoria. La maggior parte degli italiani viene informata delle vicende della grande industria attraverso i media, ma conosce direttamente decine di persone che hanno perso il lavoro in piccole imprese, o negozi che hanno cessato l’attività.
    Il secondo è invece un ritrovato gusto per un consumo più attento. Il piccolo negozio, persa ormai la guerra con i centri commerciali per quanto riguarda l’offerta “generalista”, sempre più spesso si rifugia in una nicchia dove poter proporre il formaggio genuino, le verdure a km zero, la miscela preferita di caffè. Certo, è un fenomeno che coinvolge soprattutto il settore alimentare. Ma probabilmente c’entra qualcosa la spinta che in questo settore hanno esercitato le varie iniziative che hanno creato un mercato per il consumo consapevole: Slow Food, Eataly, Commercio Equo e Solidale, etc. Di nuovo, un fenomeno che alla base ha una componente anche culturale.

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